Il castello di Mesagne è sicuramente il monumento più rappresentativo della città, con un’altezza di circa 20 metri. Il nucleo originario era costituito da un accampamento fortificato risalente all’undicesimo o dodicesimo secolo. Nei primi decenni del quindicesimo secolo, Giannantonio del Balzo Orsini fece costruire il torrione. Il castello fu poi ampliato nei secoli successivi fino a perdere la funzione di rocca fortificata ed assumere quella di dimora signorile. In particolare il marchese Barretta, operò diverse modifiche . Gli ultimi feudatari furono gli Imperiali, che nel 1908 cedettero il castello alla principessa Iran d’Abro Pagradite. Molti sono, dunque, gli uomini, i re e i guerrieri la cui storia si è fittamente intrecciata con quella del castello, nel bene e nel male. Esso ha attraversato diversi momenti bui, ma ora, dopo un lungo lavoro di restauro, il castello è tornato ad essere centro di attrazione turistica e culturale.
Cosa c’è da sapere sul Castello?
Raggiunta la città di Mesagne, non possiamo fare a meno di essere attratti dalla maestosità del castello. Guardandolo, si può immaginare un mondo di guerre, di combattimenti avvenuti in questo luogo di confine tra longobardi e bizantini, tra normanni e angioini, tra questi e gli aragonesi. Si può fantasticare di arcieri nascosti dietro le merlature oppure di soldati che sorvegliavano le campagne dalla garitta. Nasce subito la curiosità e il desiderio di conoscere meglio la fortezza. E allora decidiamo di entrare e di visitarla a fondo.
Appena entrati nel castello, il primo ambiente che si incontra è l’Auditorium, un tempo probabilmente ricovero militare. Sul pavimento si possono notare le bocche delle cisterne olearie. Sulla destra vi è l’accesso al torrione, diviso in cinque camerette in cui si nota la presenza di feritoie e di stipi. Esse sono dotate di grandi camini che hanno la canna fumaria in comune. Nella stanzetta centrale vi sono le scale di accesso alle carceri, ed un pozzo di acqua sorgiva . Nella prima stanza ad ovest si trova quella che si ipotizza essere una porta o una loggia; accanto alla finestra vi è un servizio igienico.
Sotto il pavimento della sala, nella quale oggi è stata ricostruita la tomba messapica a semicamera scoperta durante recenti scavi archeologici, è situata una neviera. Si tratta di un ambiente sotterraneo, interamente rivestito in legno, in modo tale da ottenere un discreto isolamento termico, dove veniva immagazzinata la neve, raccolta sulle montagne delle Murge tarantine, utilizzata per conservare le vivande. Le varie sale dell’ala meridionale erano utilizzate come magazzini.
L’ultimo ambiente di quest’ala del castello era una cucina, e tuttora se ne osserva il forno. Esisteva in questa stanza una scala segreta, che conduceva al piano superiore. Dalla cucina si esce nello splendido cortile interno. Proseguiamo il nostro itinerario visitando la stanza che ospita, oggi, ciò che resta del mosaico pavimentale dell’impianto termale romano di Campofreddo, sito presso la masseria Malvindi. La stanza attigua dà accesso alle cisterne olearie, grandi ambienti sotterranei del ‘700, che contenevano circa 5000 quintali d’olio. Ritornando nell’atrio, si può salire sulla loggia la cui copertura era impostata su una doppia fila di colonne, posta esattamente sulle cantine a cui si accede attraverso una scala laterale.
Imbocchiamo le scale che portano agli appartamenti nobiliari.
A metà della rampa una porta dà accesso al piano ammezzato, un tempo utilizzato come dispensa, in cui è visibile una monofora strombata, ossia una finestra ad una sola apertura inserita in un taglio obliquo del muro. Questa monofora è del tutto uguale ad un’altra che è nascosta da un muro, e questi due elementi hanno fatto pensare ad un’antica chiesetta medievale in seguito inglobata nel castello.
Continuando a salire, sulla destra, dopo aver attraversato un piccolo ambiente, si accede ad una anticamera, dotata di un grande camino. Si possono notare le splendide decorazioni sulle porte ed anche ciò che rimane degli affreschi.
Attraversando le due stanze da letto e la camera dove aveva sbocco il Gajfo, con la scala segreta che metteva in comunicazione questo piano con quello inferiore, si giunge nella cucina anch’essa dotata di un forno. Ripercorrendo queste stanze si accede alla gran sala, detta anche sala a capriate per il particolare tipo di copertura con travi lignee lasciate a vista.
Attira l’attenzione, sulla destra, una piccola cameretta decorata con stucchi. Forse fu costruita in seguito al terremoto del 1743 come ex-voto per il miracolo della Madonna del Carmine.
La gran sala era decorata con affreschi raffiguranti stemmi araldici, che ci sono giunti piuttosto rovinati. Questa stanza era adibita a ricevimenti o riunioni, mentre, per la stanza successiva, il regio tavolario Pietro Vinaccia ci dice che, nel 1731, questa era una cucina. Tuttavia la collocazione e la tipologia del camino fanno ipotizzare che in epoca successiva all’Apprezzo da lui compilato l’ambiente avesse cambiato funzione.
La stanza seguente è dotata di una sorta di oculo sulla volta, probabilmente canna fumaria di un focolare centrale. Proseguendo si accede al primo piano del torrione, dotato di una grande sala, probabilmente un soggiorno. Sulla destra di tale sala vi è una cucina con le scale che collegavano tutti i livelli della torre, segue un piccolo magazzino, ove sono presenti varie nicchie utilizzate anticamente come stipetti o armadi a muro.